Secondo uno studio condotto da SparkToro di Rand Fishkin, guru della SEO, quasi il 60% delle ricerche su Google si conclude senza un click, le cosiddette ricerche a zero click (o Zero-click search, in cacofonia, come direbbe Dario Fabbri).
Cosa vuol dire? Semplificando al massimo, un sito si posiziona in SERP, magari anche nelle prime posizioni, ma gli utenti che hanno effettuato quella specifica ricerca non cliccano sul risultato, generando traffico al sito web di destinazione.
A prima vista potrebbe apparire come un problema, e sicuramente lo è, ma non va commesso l’errore di farlo diventare una tragedia. In effetti, come cercherò di spiegare in questo articolo, non tutto il male viene per nuocere.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo capire cosa sono le ricerche a zero click su Google e cosa fare a riguardo.
Cosa sono le ricerche a zero click
Le ricerche a zero click su Google sono quelle ricerche che non portano a un click su uno dei risultati tradizionali della SERP (Search Engine Results Page), perché l’utente trova immediatamente la risposta alla sua domanda direttamente nella pagina dei risultati, senza dover visitare un sito web.
Questo fenomeno è favorito da funzionalità di Google come:
- featured snippets o risultati zero: box informativi che mostrano un estratto di testo che risponde alla query dell’utente;
- knowledge panel: riquadri con informazioni su persone, luoghi, aziende o concetti;
- risposte rapide: google fornisce risposte brevi per domande semplici, come calcoli matematici, previsioni meteo, orari di eventi o risultati sportivi;
- google maps: per ricerche di luoghi o attività commerciali, gli utenti possono ottenere informazioni di contatto o indicazioni senza visitare un sito.
Ad esempio, se vogliamo sapere quale libro ha vinto il premio Strega nel 2024, possiamo chiederlo sotto forma di domanda a Google e ottenere una risposta diretta.
Se quello che ci serviva era solo l’informazione, quindi il nome del libro e l’autore, in questo caso autrice, non abbiamo bisogno di cliccare sul link, attendere che si carichi la pagina di destinazione – magari dribblando decine di pop up e banner pubblicitari – soprattutto se siamo da un device mobile.
L’intelligenza artificiale ucciderà il traffico ai siti web?
Citando il compianto Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea, ma la risposta è: non lo so.
Sì, perché non abbiamo ancora dati sufficienti per poter dire se un futuro (molto prossimo) motore di ricerca interamente basato sull’intelligenza artificiale (vedi SearchGPT) ucciderà il traffico organico ai siti web, quindi esprimersi in merito diventa un po’ un azzardo.
Certo è che molte funzioni attualmente presenti sui motori di ricerca, Google in testa, già integrano l’IA, con l’intento di fornire risposte immediate agli utenti, senza contare le domande che poniamo ai vari assistenti vocali.
L’utente medio magari non ci fa caso o non ci pensa, ma quando noi chiediamo qualcosa a Siri, Google, Alexa o altri assistenti vocali, stiamo dicendo loro di andare online e cercare l’informazione di cui abbiamo bisogno, esattamente come facciamo quando effettuiamo una ricerca classica. Quello che cambia – e non è poco – sono la forma dell’input, ovvero il nostro modo di porgere la domanda, e quella dell’output, discorsiva e non più come elenco di risultati.
Insomma, un cambiamento non solo è plausibile, ma è già in corso. Da qui a parlare di “SEomidicio”, però, ce ne passa.
Perché le ricerche a zero click sono un problema?
Le ricerche a zero click rappresentano un problema per diversi motivi, soprattutto per chi si occupa di SEO e gestisce siti web che puntano sul traffico organico.
Quali sono questi motivi?
- riduzione del traffico organico: quando Google fornisce direttamente le risposte nella pagina dei risultati (SERP), gli utenti non hanno bisogno di cliccare sui link ai siti web. Questo riduce il numero di visite ai siti, soprattutto per chi si posiziona per query informative e generiche;
- diminuzione delle opportunità di conversione: meno click sui risultati della SERP significa meno opportunità per i siti di interagire con gli utenti, offrire prodotti, servizi o pubblicità. Il traffico organico è spesso uno dei canali principali di acquisizione di lead o clienti per molti business online;
- maggiore dipendenza da Google: Google sta diventando sempre più un intermediario che fornisce risposte direttamente, riducendo la visibilità dei contenuti provenienti da altri siti. Questo può far sembrare che Google stia trattenendo gli utenti nel suo ecosistema, a discapito dei creatori di contenuti;
- minor controllo sull’esperienza utente: quando un utente accede direttamente alle informazioni nella SERP, il sito web non ha la possibilità di fornire un’esperienza personalizzata o di costruire una relazione con il visitatore. Si perde quindi la possibilità di guidare il percorso dell’utente all’interno del sito, favorendo interazioni o azioni desiderate;
- competizione più alta per le posizioni privilegiate: ottenere uno spazio nei “featured snippets” o nelle risposte rapide è diventato molto competitivo. Se non si riesce a ottenere queste posizioni privilegiate, si rischia di non essere visti, anche se si è nella prima pagina dei risultati.
In generale, le ricerche a zero click creano uno scenario in cui i contenuti di valore prodotti dai siti vengono utilizzati da Google per rispondere direttamente agli utenti, limitando la visibilità e le possibilità di monetizzazione per i creatori di contenuti.
Possono trasformarsi in un’opportunità?
Come ho accennato nell’introduzione, le ricerche a zero click sono senza dubbio un problema, ma possono rappresentare un’opportunità per chi sa sfruttare al meglio queste dinamiche.
Vediamo, allora, come trasformarle in un vantaggio:
- ottimizzazione per i featured snippet: invece di vederli come una minaccia, i featured snippet possono diventare una risorsa per attirare visibilità. Ottenere un featured snippet può posizionare il tuo sito come autorità in una determinata nicchia, aumentando la brand awareness. Inoltre, se l’informazione fornita è intrigante o non esaustiva, l’utente potrebbe essere spinto a cliccare per saperne di più;
- focalizzazione su query più complesse: le ricerche a zero click tendono a risolvere domande semplici e dirette. Sviluppare contenuti che rispondano a domande complesse o che necessitano di approfondimento, come guide dettagliate, casi di studio o contenuti che implicano un ragionamento o un’analisi, aumenta la probabilità che gli utenti visitino il sito per ottenere informazioni più esaustive;
- brand awareness e trust: anche se un click non avviene, essere presenti con un featured snippet o in un Knowledge Panel può comunque rafforzare la presenza del marchio. Gli utenti potrebbero non cliccare immediatamente, ma riconoscere il brand e ricordarlo per future ricerche o interazioni;
- utilizzo di dati strutturati (Schema Markup): implementare dati strutturati aiuta Google a comprendere meglio i tuoi contenuti e a presentarli in modo ottimale nei rich snippets. Questo non solo aumenta la probabilità di apparire in posizioni privilegiate, ma migliora anche la visibilità del brand;
- ottimizzazione per la ricerca vocale: l’ho scritto prima, molte zero-click search derivano da ricerche vocali. Ottimizzare i contenuti per le query vocali, spesso più lunghe e conversazionali, può permettere di cogliere nuove opportunità, visto che le risposte vocali tendono a fornire una fonte citata, aumentando la probabilità che l’utente interagisca con il tuo sito in futuro;
- creazione di contenuti di nicchia: le ricerche a zero click rispondono soprattutto a query generiche. Concentrarsi su contenuti di nicchia o iper-specializzati può generare meno concorrenza diretta da Google e attrarre traffico qualificato che ha bisogno di approfondimenti specifici.
Trasformare le ricerche a zero click su Google in opportunità richiede un cambiamento di approccio, ma con una strategia ben calibrata, è possibile trarne vantaggio.