Link follow o nofollow, questo è il dilemma! Chiediamo scusa al “Bardo”, ma la scelta tra l’inserimento del link follow o di un link nofollow a volte può davvero apparire come un dilemma, un quesito quasi esistenziale.
In realtà, non è necessario tirare in ballo Shakespeare, perché basta informarsi un attimo per rendersi conto che la scelta tra i due tipi di link è più una domanda alla Marzullo che un dilemma.
Si tratta, questo sì, di un elemento essenziale per l’economia generale di un sito web, uno di quei fattori di ottimizzazione per i motori di ricerca assolutamente da attenzionare. Inoltre, nell’ambito di una strategia SEO, la scelta tra link follow e nofollow assume anche un ruolo aggiuntivo, ad esempio quando si gestisce una campagna di link building.
Ma andiamo per gradi, e cerchiamo di capire cosa sono e qual è la differenza tra link follow e link nofollow.
Cosa sono i link follow e nofollow?
I link follow e nofollow sono, di base, due attributi utilizzati nei tag degli anchor text HTML per indicare ai motori di ricerca come dovrebbero trattare i collegamenti ipertestuali su una pagina web.
Questi attributi aiutano a gestire il sistema di classificazione delle pagine web utilizzato da Google all’interno di un sito web, e influenzano il modo in cui i motori di ricerca valutano i link.
- Link Follow (o Dofollow): quando un link è contrassegnato come follow o dofollow, significa che i motori di ricerca dovrebbero seguire quel collegamento e tenere conto del link come parte del processo di indicizzazione. In altre parole, lo spider di Google passa attraverso questi link, contribuendo al posizionamento e al ranking delle pagine collegate. La maggior parte dei link su un sito web è di solito di tipo “follow” per default, a meno che non venga specificato diversamente;
- Link “Nofollow”: quando un link è contrassegnato come “nofollow”, significa che i motori di ricerca dovrebbero ignorare quel collegamento quando indicizzano la pagina. Questo viene spesso utilizzato per i link che non dovrebbero influenzare il ranking delle pagine collegate, come i link nei commenti di un blog o i link di sponsorizzazione a pagamento. L’uso del nofollow è anche una pratica consigliata per evitare penalizzazioni da parte dei motori di ricerca quando si collegano a contenuti non affidabili o non verificati.
Insomma, semplificando al massimo, un link è follow quando il motore di ricerca lo deve seguire al fine di indicizzare e posizionare anche il contenuto di destinazione, mentre è nofollow quando deve ignorarlo.
Più avanti nel corso dell’articolo spiegheremo perché questo aspetto è così importante.
Come si formattano i link follow e nofollow
Abbiamo detto che follow e nofollow non sono altro che tag HTML, un pezzettino di codice assegnato all’attributo Rel=.
Nello specifico, un link nofollow viene scritto così:
<a href=”https://www.example.com” rel=”nofollow”>Testo del collegamento</a>
Nei markup HTML, non è necessario specificare l’attributo “follow” perché i collegamenti sono di default “follow”. Quindi, un esempio di un link follow apparirebbe come un semplice link:
<a href=”https://www.example.com”>Testo del collegamento</a>
L’utente finale che fruisce del contenuto non si accorgerà di nulla, perché gli verrà mostrato un semplice testo contrassegnato da un link. Per scoprire se si tratta di un link follow o nofollow dovrà visualizzare il codice sorgente della pagina.
Come spiegato, questo attributo è importante solo per il motore di ricerca che deve indicizzare le pagine del sito web.
Evoluzione dei link nofollow
I link nofollow sono stati introdotti da Google nel 2005 per contrastare il fenomeno dello spam nei commenti dei blog e dei siti web. Come si legge nell’articolo con il quale si annunciava questa novità (lo trovi qui):
“if you’re a blogger (or a blog reader), you’re painfully familiar with people who try to raise their own websites’ search engine rankings by submitting linked blog comments like “Visit my discount pharmaceuticals site.” This is called comment spam, we don’t like it either, and we’ve been testing a new tag that blocks it. From now on, when Google sees the attribute (rel=”nofollow”) on hyperlinks, those links won’t get any credit when we rank websites in our search results. This isn’t a negative vote for the site where the comment was posted; it’s just a way to make sure that spammers get no benefit from abusing public areas like blog comments, trackbacks, and referrer lists.”
Insomma, originariamente il nofollow doveva servire per evitare di trasferire valore a siti estranei indicati nei commenti, considerati potenzialmente dannosi.
Oggi questo non è più un problema, perché CMS come WordPress considerano di default i link nei commenti come nofollow.
Con il tempo questo attributo si è evoluto, e Google ha cambiato approccio nei confronti di questi link.
Infatti, prima del 2009 i link dofollow trasferivano “juice”, ovvero valore in termini di ranking, mentre quelli nofollow venivano completamente ignorati, generando una situazione perfettamente illustrata in questa infografica elaborata da Ahrefs.
Che significa? Proviamo a spiegarlo in maniera semplice, assumendo che ad ogni link inserito in una pagina il motore di ricerca attribuisca un punteggio pari a 3 al contenuto di destinazione.
Quindi, se in una pagina c’erano tre link follow, il “valore” veniva equamente distribuito a tutte e tre le pagine collegate, quindi 3 punti a testa. Ma se uno dei tre era nofollow, lo stesso “valore” veniva assegnato a due pagine e non più a tre (quindi 4,5 punti a entrambe).
Morale della favola: conveniva inserire link nofollow al fine di far guadagnare più punti alle pagine che ci interessano di più.
Cosa è cambiato dopo il 2009? Beh, Google si è “stancato” dei furbetti della SEO, che strutturavano il proprio sito web indicando in modo scientifico le pagine nofollow al fine di trasferire maggiore valore solo ai contenuti considerati più importanti per il progetto.
Ora, la situazione è la seguente.
Insomma, in questo momento storico la montagna di nofollow partorisce un topolino. Non conviene più.
Come usare i link follow e nofollow
Ricapitolando, i link follow trasferiscono valore alla pagina di destinazione, mentre i nofollow vengono (in genere) ignorati dal motore di ricerca. Di conseguenza, in un’ottica SEO più ampia, appare evidente che i link interni al sito web, fatte le dovute eccezioni, devono essere sempre follow, così come quelli in ingresso, a patto che siano di buona qualità.
D’altronde, per quanto si sia evoluto, Google continua ad attribuire un’enorme importanza ai link in termini di ranking e posizionamento.
E invece, quando conviene utilizzare i link nofollow?
- commenti dei lettori: se consenti ai lettori di commentare sui tuoi articoli o post del blog e permetti loro di inserire collegamenti nei commenti, è consigliabile utilizzare il tag “nofollow” per quei link. Questo aiuta a prevenire i commenti spam e garantisce che i motori di ricerca non considerino quei collegamenti per il ranking;
- link di sponsorizzazione o pubblicità a pagamento: quando si pubblicizzano prodotti o servizi a pagamento su un sito web, è importante utilizzare l’attributo “nofollow” per i link di affiliazione o sponsorizzati. Questo aiuta a evitare penalizzazioni da parte dei motori di ricerca per la pubblicità a pagamento non contrassegnata. Su questo punto, però, torniamo tra un attimo;
- link a contenuti non affidabili o non verificati: se si desidera collegare a una pagina web potenzialmente utile per il lettore, ma di cui non si può attestare l’autorevolezza, è prudente utilizzare il tag “nofollow”. Questo evita che il tuo sito web venga associato a contenuti di bassa qualità o discutibili;
- link non verificati: se ricevi un link da una fonte che non conosci o non hai verificato, è una buona pratica chiedere di utilizzare l’attributo “nofollow”;
- link di affiliazione: se si utilizzano programmi di affiliazione sul proprio sito o blog, flaggare i link come nofollow è una pratica consigliata.
Link building e attributo nofollow
Sappiamo che Google considera la compravendita di link una violazione delle linee guida:
“Tutti i link creati per manipolare i ranking nei risultati della Ricerca Google potrebbero essere considerati link di spam. (Fonte: Google)”
Questo, com’è noto, non ha mai impedito a nessuno di farlo ugualmente. In effetti, fin quando i link in ingresso continueranno ad avere un valore così centrale per il ranking di un sito web, ci sarà sempre qualcuno disposto a venderli e acquistarli.
Ovviamente, per massimizzare l’investimento, i link in ingresso di buona qualità dovranno essere follow.
Dimostrare che un link in ingresso è stato acquistato non è così facile, nemmeno per Google, perché nessuno vieta che un sito X decida spontaneamente di linkare un contenuto pubblicato dal sito Y ritenuto utile e di qualità. Anzi, è l’essenza stessa di Internet inteso come “Rete”.
Detto questo, stabilire che dietro al link ci sia un accordo economico è davvero complesso, soprattutto se esiste un’attinenza tra i due siti web (tematiche, settori, prodotti, servizi, ecc…). Non a caso, Google ci dice che:
“riconosce che l’acquisto e la vendita di link sono una parte normale dell’economia del web a fini pubblicitari e di sponsorizzazione. Non costituisce una violazione delle nostre norme avere questi link, purché siano indicati con un valore dell’attributo rel=”nofollow” o rel=”sponsored” nel tag <a>.”
Insomma, ci sta chiedendo di farlo perché siamo persone perbene che rispettano le regole (ndr: rido molto mentre scrivo queste parole!).
Gli altri valori Rel=
Oltre all’attributo follow/nofollow, è possibile utilizzare altri valori abbinati al tag Rel=.
Nello specifico, troviamo i seguenti due:
- rel=”sponsored”: contrassegna i link che costituiscono pubblicità o posizionamenti a pagamento (comunemente definiti link a pagamento) con il valore sponsored. L’attributo nofollow era consigliato in passato per questi tipi di link, e rappresenta ancora un metodo accettabile per contrassegnarli, anche se è preferibile usare l’attributo sponsored;
- rel=”ugc”: Google raccomanda di contrassegnare i link di contenuti generati dagli utenti, ad esempio commenti e post nei forum, con il valore ugc.
I link contrassegnati con questi attributi Rel generalmente non vengono seguiti.
È importante ricordare che è possibile utilizzare più valori per lo stesso link, semplicemente separandoli con una virgola o uno spazio.
<a href=”https://www.example.com” rel=”ugc nofollow”>Testo del collegamento</a>
Inserire alcuni di questi attributi con WordPress è davvero molto semplice. Non devi fare altro che inserire il link, cliccare sulla modifica e selezionare una delle opzioni dal menù che appare.
Conclusioni
Insomma, la differenza tra link follow e link nofollow consiste, di base, nell’istruzione che il gestore del sito web fornisce al motore di ricerca circa la necessità di seguire e/o ignorare il link inserito all’interno della pagina.
Come visto, se non indicato volutamente, i link sono sempre dofollow, mentre quelli nofollow – se si esclude la sezione dei commenti – vanno inseriti manualmente.
In generale, l’uso del tag nofollow è una pratica consigliata quando si tratta di link che non si desidera che influenzino il ranking delle pagine collegate o quando si vuole mantenere il controllo sulla qualità dei collegamenti al proprio sito web.
Tuttavia, è importante utilizzare questa opzione con parsimonia, in quanto un eccesso di link nofollow può anche danneggiare l’autorità del tuo sito web nei motori di ricerca.