Secondo quanto affermato da un recente studio realizzato dalla prestigiosa Cambridge Judge Business School (lo trovi qui), la mentalità con la quale ci approcciamo allo smart working può renderci più produttivi.
Per ottenere risultati soddisfacenti lavorando da remoto occorrono alcuni fattori essenziali, come un ambiente privo di distrazioni, illuminato adeguatamente (preferibilmente con luce naturale per la maggior parte del tempo) e configurato tecnologicamente in modo adatto.
Ciononostante, anche disponendo di queste risorse, alcuni riescono ad essere produttivi mentre altri hanno grandi difficoltà, preferendo il lavoro in ufficio.
Perché accade questo?
Di certo, molto dipende dalla predisposizione a lavorare in team a distanza, così come dall’età e dalla personalità individuale, ma non solo!
Secondo lo studio summenzionato, intitolato “Remote work mindsets predict emotions and productivity in home office: a longitudinal study of knowledge workers during the COVID-19 pandemic” e pubblicato su Human-Computer Interaction, c’è un fattore che conta più degli altri: la giusta mentalità.
La pandemia ha acceso un ampio dibattito sui vantaggi e gli svantaggi dello smart working, e questo studio è giunto alla conclusione che essere più produttivi dipende molto dal nostro approccio mentale al lavoro a distanza.
Vediamo perché.
Meno produttivi con mentalità fissa
Il team di Cambridge ha intervistato 113 lavoratori svizzeri, provenienti da settori tra cui istruzione, IT, consulenza e salute, scoprendo che coloro che hanno una “mentalità di crescita” nel lavorare a distanza se la cavano meglio.
Questa non è una novità in senso stretto, poiché molte ricerche hanno dimostrato che i bambini che pensano di poter migliorare le proprie prestazioni, impegnandosi, sono più resilienti e di successo rispetto ai bambini che pensano, invece, dipenda tutto da un talento innato.
La ricerca ha dimostrato che questo è vero anche per chi lavora a distanza: la mentalità conta, basta comprendere che lavorare bene da remoto è un’abilità da poter sviluppare e non una caratteristica della personalità individuale.
Lo studio evidenzia, attraverso le interviste effettuate, che
“i lavoratori d’accordo sul fatto che le persone siano o meno predisposte per lavorare a distanza tendevano a provare emozioni più negative e meno produttive durante lo smart working”.
Cosa vuol dire? In pratica, alcuni lavoratori sono convinti che per riuscire ad essere produttivi lavorando da remoto sia necessario esserci portati, avere come una propensione naturale a questa modalità di lavoro. Di conseguenza, chi è privo di questa mentalità innata è condannato ad esprimersi male o peggio con lo smart working.
Lo studio condotto dal Dr. Jochen Menges della Cambridge Judge Business School e dell’Università di Zurigo ha, invece, dimostrato che per riuscire nel lavoro da remoto è necessario abbandonare questo approccio deleterio e convincersi che quella propensione non è affatto naturale e innata, ma può essere appresa, come una qualsiasi skill e competenza professionale.
Mentalità di crescita e buona volontà
Quindi, per essere produttivi in smart working bisogna avere una mentalità di crescita e pensare al lavoro da remoto come ad un’abilità da acquisire e perfezionare.
Viviamo in un periodo storico in cui, a causa principalmente della pandemia, il ricorso a modalità di lavoro più fluide e flessibili è e sarà sempre più diffuso, e sapere che tutti i lavoratori possono imparare ed essere produttivi a patto di avere il giusto mindset e tanta buona volontà a cambiare e adeguarsi.
I lavoratori e i datori di lavoro dovranno capire che i migliori strumenti e flussi di lavoro per lavorare a distanza sono accessibili a tutti, ed anche chi fa più fatica ad adeguarsi può migliorare se si convince che non esiste un limite di carattere fisiologico insormontabile, che lo rende semplicemente inadeguato.
Può imparare, come fa con qualsiasi altra competenza acquisita e da acquisire.
Ecco cosa serve per lavorare bene da remoto!